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Escursione al Parco Nazionale del Vesuvio. –
Cognoli di Monte Somma- Valle dell’Inferno; 14 settembre 2024.
Lo scorso sabato 14 settembre 2024 alcuni Soci della Sezione di Teramo hanno partecipato a un’escursione al Parco Nazionale del Vesuvio organizzata dalla Sezione di Napoli e alla quale hanno aderito anche soci delle sottosezioni Vesuvio e Roccarainola.
Il percorso, nel suo complesso lungo circa 14 kilometri, si è snodato sul versante orientale del vulcano, quello opposto all’altro versante che affaccia sul Golfo di Napoli, decisamente più famoso, scenografico ed universalmente impresso nell’immaginario collettivo.
Il punto di partenza prescelto si trova nei pressi di Ottaviano, grossa borgata dell’hinterland partenopeo, una delle aree più densamente popolate d’Italia.
Ed è stato proprio il repentino passaggio da un ambiente estremamente urbanizzato ad un altro dominato da una natura quasi incontaminata che ha reso sin da subito questa escursione tanto interessante quanto inedita.
L’immediata “immersione” nel bosco di conifere, entro cui si dipana il primo tratto della carrareccia, ha regalato infatti quelle percezioni sensoriali che certamente non si sarebbero provate percorrendo il tracciato “tradizionale” del versane opposto, quello che porta al cratere attraverso una brevissima e banale strada sterrata lunga poco più di un chilometro, realizzata solo per soddisfare un turismo di tipo “commerciale”.
Salendo di quota si è man mano passati dal bosco di conifere a quello di lecci, ontani napoletani e castagni: il punto di contatto tra queste due aree boschive è quasi simbolicamente segnato da uno slargo dedicato ad Angelo Prisco, giovane finanziere ucciso dai bracconieri nel dicembre del 1995, a pochi mesi dall’istituzione del Parco e qui commemorato da una lapide.
Superato questo tratto la carrareccia diventa sentiero a tratti rinserrato nella vegetazione, che si dirige a nord in direzione della Punta Nasone, la maggiore tra le cime del monte Somma (mt 1132).
Qui si assiste ad un nuovo e graduale cambiamento della flora, con la vegetazione d’alto fusto lasciare spazio alla tipica macchia mediterranea di cespugli di ginestre, pruni e more.
Una volta arrivati sulla cresta del Somma si è avuta la reale comprensione di quello che è l’architettura del Vesuvio, che appare inaspettatamente variegata ed articolata.
Il Somma infatti altro non è che l’orlo dell’immensa caldera residuale della catastrofica eruzione del 79 d. C., al cui interno è sorto il cono del Vesuvio vero e proprio: solo madre natura poteva sbizzarrirsi e dare sfogo alla sua geometrica fantasia per costruire un cono all’interno di un tronco di cono.
Da qui il percorso piega a meridione seguendo il bordo dell’antica caldera e raggiungendo, dopo un’erta ma breve salita nell’arena vulcanica, al “Cugnolo di Ottaviano”, che con i suoi 1112 mt è il punto più alto dell’escursione.
La visuale che si gode da questo belvedere naturale è semplicemente magnifica: lo sguardo spazia a nord verso il Golfo di Napoli, con i promontori di Posillipo, di Capo Miseno e le isole di Ischia e Procida; a sud invece il panorama è dominato dal Golfo di Castellammare, sovrastato dai Monti Lattari, e delimitato dalla Penisola Sorrentina e dall’isola di Capri, l’una concatenata all’altra: neppure le miriadi di tetti in plastica delle serre agricole che punteggiano la bassa valle del Sarno offuscano la bellezza del paesaggio.
Il successivo ripido tratto del sentiero porta nella sottostante Valle dell’Inferno (o Valle del Gigante), vasta depressione compresa tra il Somma e il cono del Vesuvio, che altro non è se non il fondo della caldera dell’antico edifico vulcanico.
Qui la fertile cenere vulcanica ha permesso il rapido rifiorire della vegetazione distrutta dal devastante incendio del 2017, ove a ricordarlo vi sono i rami e i tronchi secchi che si elevano dal suolo come gigantesche ossa bianche di dinosauri, in un singolare contrasto cromatico con il lussureggiante verde degli alberi e arbusti rinati.
La seconda parte del sentiero che si riallaccia verso est alla carrareccia percorsa all’andata ha regalato due “perle geologiche”, in rapida successione l’una dall’altra: un affioramento magmatico in cui le lave, in origine fluide, hanno assunto delle bizzarre forme contorte e che per questo vengono denominate “lave a corda”; e un crepaccio lavico profondo qualche metro e largo poco più di un uomo che incide il suolo come una profonda cicatrice.
Si è tornati infine al fresco del bosco di lecci, ontani napoletani e castagni già attraversato all’andata e al punto di partenza, chiudendo così questa escursione al Vesuvio, rilevatosi più che un vulcano un’autentica isola incontaminata che emerge nel mare di cemento, case e asfalto.
Da non dimenticare, poi, la giovialità e l’accoglienza ricevuta dai soci “partenopei” che ci hanno accompagnato in questi giorni e ai quali va tutta la nostra gratitudine.
Agostino Tullj
Immagini Luigi De Angelis