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“6 VETTE PER 6 ALPINISTI”

 

CLUB ALPINO ITALIANO

Sezione “Gran Sasso d’Italia”

Teramo

 

“6 VETTE PER 6 ALPINISTI”

Siamo sei ragazzi teramani accomunati da una grande passione per la montagna: Leonardo, Simone,
Manuel, Davide, Alessandro e Marco. Il nostro desiderio primordiale di conoscere ed esplorare e il
bisogno irrefrenabile di raggiungere nuovi ambiziosi obiettivi, ci ha portati ad unirci in una grande
avventura al di là delle vette e delle creste del nostro caro Appennino. Il nostro legame viscerale per
la montagna ci ha spinti a puntare verso le ambite vette alpine, sopra ai 4000 metri del Monte Rosa.
La fase di preparazione è stata piuttosto lunga e delicata: numerosi gli incontri preliminari per
quanto concerne l’approvvigionamento e l’utilizzo del materiale tecnico, lo studio dell’itinerario più
adatto alla nostra preparazione e le prenotazioni dei rifugi e delle strutture ricettive. Fondamentale
l’incontro con alcune guide alpine del territorio: senza i loro numerosi indizi e consigli
utilissimi, probabilmente, non saremmo riusciti a raggiungere tutti i nostri obiettivi. Da non
trascurare neanche l’importanza dell’allenamento dedicato: nelle settimane precedenti alla nostra
ascesa siamo saliti ripetute volte sulle vette Occidentale e Orientale del Gran Sasso (di poco
inferiori ai 3000 metri) per agevolare la nostra acclimatazione alle quote di alta montagna alle quali
ci accingevamo ad esporci.
L’avventura finalmente ha preso vita; il nostro approdo è stato il piccolo paesino di montagna
chiamato Gressoney La Trinité in Valle d’Aosta, situato sul versante sud del massiccio del Monte
Rosa, dove siamo arrivati nel tardo pomeriggio di domenica 14 luglio. Il giorno successivo, dopo
aver accuratamente preparato gli zaini con tutto il materiale necessario, abbiamo preso la prima
cabinovia che ci ha portati in quota. L’ascesa è stata divisa in due tronconi; il primo tratto fino al
Passo dei Salati (2700 m circa) mentre il secondo fino a Punta Indren (3200 m circa). Ed è lì che ha
avuto inizio il trekking di avvicinamento al rifugio: con un peso non indifferente sulle nostre spalle,
ed armati di un grandissimo entusiasmo e desiderio di scoprire, abbiamo attraversato inizialmente il
Ghiacciaio di Indren e successivamente, con l’ausilio dei canaponi posizionati su facili rocce
esposte, abbiamo scalato un ultimo tratto fino al rifugio Città di Mantova, posto a circa 3500 metri
di quota.
Saggiamente, abbiamo deciso di temporeggiare prima della ripartenza, per agevolare al meglio
l’adattamento alle alte quote e per ottimizzare le possibilità di successo della nostra avventura.
Inoltre anche il desiderio di bersi una birra era notevole visto il gran caldo di quei giorni! Ordinato
un buon panino, dopo circa un paio d’ore siamo ripartiti alla volta di Capanna Gnifetti situata poco
più in alto (3647m).

 


Foto 1. Punta Indren con alle spalle la Punta Giordani (4046 m): foto di rito prima dell’inizio del
trekking di arrivo al Rifugio Città di Mantova.

Raggiunta la Capanna Gnifetti, condivisa è stata la scelta di non sostare immediatamente: abbiamo
approfittato per fare ancora un paio di centinaia di metri di dislivello positivo. Il nostro obiettivo era
quello di approcciare alla progressione in cordata, ripassare i nodi, controllare il materiale, e
ovviamente ottimizzare l’acclimatazione. Ci siamo divisi in due cordate da 3 componenti ciascuna:
Marco, Manuel e Simone seguiti da Davide, Leonardo ed Alessandro. Il giorno seguente sveglia
alle 4:30. Causa condizioni meteo avverse, costretti ad attendere e a posticipare la nostra partenza,
ci siamo messi in marcia intorno alle 7:30 di una mattina (lunedì 15 luglio) cupa e grigia.
Fortunatamente il maltempo si stava dissolvendo ed i banchi di nebbia correvano veloci spazzati via
da qualche timida raffica di vento. La rarefazione dovuta alle alte quote iniziava a farsi sentire e a
rallentare la nostra andatura obbligandoci a brevi soste di tanto in tanto. Le condizioni meteo
continuavano ad andare verso un netto e graduale miglioramento finché non siamo giunti al Colle
del Lys.
In questa meravigliosa conca di poco al di sopra dei 4000 metri il cielo si è aperto del tutto: intorno
a noi si scopriva un paesaggio alpino di austera imponenza e bellezza. Alla nostra sinistra puntando
verso ovest, la sottilissima cresta del Lyskamm affilata come una lama di coltello; poco più lontano
nella stessa direzione la sagoma inconfondibile della parete est del Cervino ancora avvolto dalle
nubi. Davanti a noi non molto lontano, imponente, la sagoma di quel meraviglioso rosso granito di
punta Dufour, la vetta più alta di tutto il massiccio del Rosa (4634 m). Alla nostra destra invece,
guardando verso est, le nostre vicine vette, pane per i nostri denti il giorno seguente.
Verso le 12:30, finalmente, siamo arrivati al secondo rifugio: la Capanna Regina Margherita.
Questo rifugio di alta montagna ha il primato di essere il più alto d’Europa: è stato costruito sulla
sommità di Punta Gnifetti a 4556m! È incredibile pensare che questa struttura in origine fu edificata
più di un secolo fa, portando da valle fin lassù tutto il materiale con la forza delle braccia e con
l’ausilio di muli e cavalli! Arrivare fin lassù è stato veramente un’emozione indescrivibile,
letteralmente senza fiato, galvanizzante ma nello stesso tempo molto stancante per chi come noi non
era molto avvezzo alle alte quote!

 


Foto 2. Tutti insieme appena arrivati alla Capanna Regina Margherita, il più alto Rifugio D’Europa
(4556 m).

Su tutti noi (chi più, chi meno) hanno gravato gli effetti del mal di montagna (fortunatamente lievi):
cerchio alla testa, nausea, vertigini, ecc… Un tè caldo ed un buon trancio di pizza margherita (non
poteva essere diversamente al rifugio Regina Margherita!) fortunatamente ci hanno alleviato i
sintomi e favorito il riposo.
Il risveglio del mattino seguente, al contrario, è stato davvero impattante per tutti: nausea e forte
mal di testa. Come essersi svegliati dopo un post-sbornia: persino stare in piedi e mantenere
l’equilibrio per un attimo era un’impresa titanica. Inutile dire che la notte l’abbiamo passata senza
chiudere occhio!
Dopo una frugale colazione ed esserci rifocillati per tornare in marcia, è iniziata la nostra discesa
per lo stesso itinerario, ripercorrendo le tracce battute sulla neve indurita.
Quel martedì 16 Luglio è stata una giornata veramente speciale, memorabile, perfetta in ogni
singolo frangente vissuto! Abbiamo scalato ben 4 vette e nel seguente ordine:

· Ludwigshohe – 4341m
· Corno Nero – 4322 m
· Balmenhorn – 4167 m
· Piramide Vincent – 4215m.

Un sole radioso tutta la mattinata ci ha permesso di scorgere intorno a noi un paradiso affollato di
vette vicine e lontane, fin dove l’occhio umano può arrivare!

 


Foto 3. Sulla Vetta del Ludwigshohe (4341m). Alle nostre spalle la ripida paretina di ghiaccio del
Corno Nero (4322 m).

Arrivati stanchi al rifugio Città di Mantova (3498m) verso ora di pranzo, i nostri occhi brillavano di
gioia e soddisfazione dopo la conquista delle 5 vette over 4000. Ci siamo riposati per il resto della
giornata concedendoci finalmente qualche birra. Rimaneva ancora una vetta che attendeva di essere
conquistata: si trattava della Punta Giordani che con i suoi 4064 m è la vetta più “bassa” tra i 4000
del massiccio del Rosa. Il giorno dopo è stata la volta di questa ascesa, facilitata anche dal fatto che
per raggiungerla, abbiamo dovuto riprendere l’itinerario di rientro e risalire dal Ghiacciaio di Indren
dove si trova la vicina cabinovia che ci ha riportato a valle. E così lasciato il ghiacciaio, è
iniziata subito una ripida salita di media pendenza che ci ha permesso di raggiungere una selletta
sommitale. Attraverso facili rocce siamo arrivati sulla Madonnina di vetta di Punta Giordani. Il
paesaggio intorno a noi è stato di una bellezza superlativa: potevamo scorgere distintamente tutte le
vette conquistate il giorno prima e lassù più in alto la Capanna Margherita costruita sul cucuzzolo di
Punta Gnifetti! Scesi a Punta Indren e preso per il rotto della cuffia la cabinovia che ci ha riportato a
valle, storditi ancora dal mal di montagna e dalla stanchezza, cantavamo allegramente, ubriachi di
gioia sull’alta valle di Gressonay.
Non ancora arrivati a Gressonay La Trinitè, già discutevamo della prossima avventura… Chissà
forse il Bianco che ci ha sempre affascinato tanto, oppure qualche altra vetta sulle Alpi Occidentali
o magari sulle meravigliose Dolomiti! I nostri cuori, colmi di una felicità travolgente e contagiosa
rivivevano quelli che a ragion veduta possiamo considerare forse i momenti più belli e vivi vissuti
dopo una scalata in montagna, condivisa con amici grandissimi.
“E’ quando Sogni che concepisci cose straordinarie, è quando credi che crei veramente ed è
soltanto allora che la tua anima supera le barriere del possibile” – Walter Bonatti, Montagne Di
Una Vita.

Leonardo Di Antonio 30 anni.
Davide Cortellini 31 anni.
Manuel Montini 34 anni.
Marco Ranalli 35 anni.
Alessandro Savini 37 anni.
Simone Staffieri 40 anni.